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Rusconi Stefano

L'Olimpia Milano firma un pivot di trentuno anni, origini venete, grosso, esperto, buon bagaglio tecnico, cattivo quanto basta, uno che sposta avversari ed equilibri di gioco, nato cesticamente a Varese; ma questa è l'estate 1999, non quella del 1981. E parliamo di Stefano Rusconi, non di Dino Meneghin. Tra i due c'è sempre stato un legame del destino a causa della presunta eredita che sin dall'esordio in A a 18 anni gli addetti ai lavori hanno attribuito al pivot di classe 1968 da Bassano del Grappa. Più che un lascito, per Rusconi è stato un fardello dal quale ha tentato di liberarsi percorrendo proprio una delle tappe del 'Dino nazionale', anche se, per sua ammissione, ha impiegato più del dovuto a percorrere la strada da Varese a Milano. 
Credenziali da predestinato, tecnicamente pronto subito, Rusconi a 16 anni è già nel gruppo prima squadra della Pallacanestro Varese sotto coach Riccardo Sales che all'ouverture del campionato del 1985/86 (in casa della Virtus Bologna) lo fa scrivere per la prima volta a referto, anche se i primi punti in A arriveranno giusto un anno dopo con la gestione in panchina di Joe Isaac. Nel frattempo Stefano è una delle 'stelline' delle Nazionali Giovanili: tre bronzi in fila campionati europei (Cadetti nel 1985 e Juniores 1986) e Mondiali Juniores di Bormio con la nidiata d'oro dei vari Gentile, Pessina, Pittis, Niccolai, Aldi sconfitti in semifinale dagli USA (con Gary Payton e Larry Johnson) e poi vinti dalla Jugoslavia di Kukoc, Djordjevic, Radja, Divac, Alibegovic... E in quel torneo i suoi quasi 17 punti di media non passano inosservati neanche agli scout internazionali. Infatti nel 1990 i Cleveland Cavaliers lo scelsero al secondo giro dei draft, investendo così sul suo potenziale futuro.
Cullato da Corny Thompson e Charles Pittman per i primi tre anni, viene investito del ruolo di pivot titolare nel 1989/90 con il nuovo coach Giancarlo Sacco; in quella stagione la Ranger giunge al suo picco massimo con la finale scudetto persa 3-1 contro la Scavolini e con il malaugurato infortunio di Meo Sacchetti in gara-2. Per Rusconi è un campionato da 409 punti e 357 rimbalzi in 31 partite. L'anno successivo la consacrazione non arriva, figlia di un campionato deludente salvato ai playout e di un passaggio impalpabile in Coppa Korac. Nonostante questo coach Gamba lo conferma al centro della sua Nazionale pur non ottenendo i numeri (in punti e rimbalzi) che si aspettava. Conquista l'argento agli Europei di Roma '91 nella finale contro l'ultima Jugoslavia della storia, ma le preoccupazioni di Rusconi sono altre: il club bosino capisce che Stefano è un bene prezioso che non può trattenere e volta pagina. E infatti è la Benetton Treviso che stacca l'assegno giusto e Stefano si trasferisce alla 'Ghirada', accolto da coach Skansi, Vinnie Del Negro e Toni Kukoc: ed è subito scudetto. Il legame con Treviso è forte e produce molto (3 Coppe Italia, una Eurocup nel 1995 con Naumoski e Pittis e un altro Scudetto nel 1997 e due finalissime), tanto stretto da resistere solo 7 partite nell'esperienza-lampo con i Phoenix Suns della NBA, prima di tornare nella 'Marca'. Il suo percorso a Treviso si conclude dopo sei stagioni, 169 partite e 2182 punti in campionato. 
Sfruttando le opportunità della legge Bosman, Stefano si trasferisce in terra Basca al Vitoria, dove lo aspetta Sergio Scariolo, il più spagnolo degli allenatori italiani. Insieme sollevano la Copa del Rey 1999 alle FinalEight di Valencia, ma non si ripetono in Liga, eliminati al primo turno dei playoff dall'Estudiantes.
Arriva l'estate 1999 e per Stefano si riproduce la foto che ha immortalato Meneghin sul cartello autostradale rivolto verso Milano. Le aspettative sono tante sia su di lui che sull'organico dell'Adecco guidato da coach Crespi. Ogni pivot però ha bisogno di un play che lo alimenti al momento giusto, e Rusconi quella liason con Loonie Cooper, Respert o Pooh Richardson non l'ha trovata. Da lui arrivano 11 punti e 11 rimbalzi di media, ma anche un 45\% ai liberi che lo espone (e indispone) ai falli tattici degli avversari. Milano arranca e arriva ai playoff con il 13simo ticket e solo per la classifica avulsa con Cantù e Rimini. Ha una fiammata negli ottavi contro la Scavolini in cui Rusconi di esalta nella sfida vinta con Joseph Blair, ma poi torna sottotraccia contro la Mash Verona che elimina i milanesi in tre partite. Nel primo campionato del nuovo millennio, la solfa non cambia: alla guida dell'Olimpia arrivano due grandi ex nemici come Valerio Bianchini a dirigere in panchina e Mike Iuzzolino sul campo. La scintilla non scatta: il 'Vate' lascia il posto a Guido Saibene, le porte della sede vedono entrare e uscire troppi giocatori e un altro quindicesimo posto in stagione regolare è foriero solo di ferie anticipate. Il triennale di Rusconi riparte dai 15,3 punti, ma si ferma alla prima curva: coach Faina prende il posto di Saibene, Milano riesce a vincere 12 partite in totale ma è costretta ad aggrapparsi a una differenza punti e ai tiri liberi (sbagliati) di Bullock per evitare la retrocessione. Nel frattempo la 'sua' Benetton vince a mani base lo scudetto, con tanto di vittoria a tavolino in gara-3 a Bologna per invasione per manifesta inferiorità dei tifosi fortitudini.
Stefano comprende che la sua carriera può continuare solo abbassando il tenore competitivo: scende a Reggio Emilia, poi addirittura in B1 a Caserta e a Castelletto Ticino con cui conquista una promozione in A2, infine Novara e un trittico di tappe liguri in Serie C. Si trasferisce a Bari per tentare anche l'esperienza da allenatore, poi un timido tentativo di unirsi a Legnano e infine adagia le scarpe definitivamente al chiodo nel 2010.

IMMAGINI ALLEGATE

Stefano Rusconi (foto Claudio Scaccini per Olimpia Milano S.S.R.L.)