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Pagani Enrico 'Ricky'

Il numero 5 coperto dalla giacca della tuta, un sorriso magnetico, una stretta di mano con il dirigente di turno e una coppa da ritirare. Questa è l'immagine più ricorrente di Enrico Pagani (classe 1929), intento ad assolvere la più 'dolce fatica' del Capitano. Questo ruolo 'Ricky' lo ha portato avanti per anni in nome dell'Olimpia Milano nell'accezione più nobile del termine: un punto di riferimento per i compagni nel gioco e anche in uno spogliatoio già 'saturo' della leadership di Cesare Rubini. "Il Cinese" Pagani (nato a Shanghai per via delle missioni all'estero del padre) è stato l'ultimo capitano della Borletti e il primo del Simmenthal, quando ancora si giocava con il pallone (Olympia, per pura coincidenza) cucito a mano ma che assomigliava troppo a quello del calcio; prese infatti i gradi nel 1957, quando Cesare Rubini smise l'attività agonistica per dedicarsi alla gestione esclusiva della panchina. Ricky era già in squadra dal 1949, grazie al famigerato e fulminante provino che il 'Principe' gli fece alla Forza e Coraggio su caloroso invito di Elliot Van Zandt che lo aveva incontrato per caso sul tram.

In quel Simmenthal, Pagani non aveva bisogno di segnare tanti punti per esserne il leader carismatico: a quelli ci pensavano già prima Stefanini, poi Romanutti, poi Riminucci e Vittori per i quali Pagani fungeva da direttore d'orchestra. Perchè Pagani è stato il primo prototipo di playmaker della scuola cestistica italiana, sulla cui evoluzione fu creato il modello di Gianfranco Pieri che già dal 1957/58 (ossia a meno di vent'anni di età) era stato lanciato come predestinato.
Pagani aveva altre doti tecniche e atletiche che lo hanno reso memorabile: fisico pazzesco (anche se poco più di 180 cm), gambe al fulmicotone da velocista, durissimo ma non cattivo ha formato con Sandro Gamba un reparto difensori insuperabile e, spesso fondamento degli innumerevoli successi di Borletti e Simmenthal.
Nel suo palmares ci sono nove scudetti con l'Olimpia in undici stagioni (265 presenze) ossia fino al 1961. Ai tempi le competizioni internazionali non erano ancora organizzate in Coppe, ma in tornei, anche a fine anno solare e/o sportivo, per il quali Pagani aveva spesso l'onere di dover ritirare il trofeo per il primo posto; Sanremo, Montecarlo, Il Cairo, Antibes, Barcellona erano le tappe preferite e vincenti delle prime 'scarpette rosse' e che tanti consensi raccoglievano anche tra la stampa straniera.
I successi, specie dell'era Borletti, gli valsero anche la convocazione per la Nazionale, voluto prima dal suo mentore Van Zandt, per il quale disputò gli Europei 1951 a Parigi conquistando il quinto posto assieme a Rubini, Cerioni, Stefanutti e Tracuzzi nonchè la medaglia di bronzo ai primi Giochi del Mediterraneo ad Alessandria D'Egitto, sempre nel 1951. Fu poi 'tenuto' dallo stesso Tracuzzi diventato allenatore, che però non ne apprezzava la discontinuità e la mancata disciplina fuori dal campo, ragione per cui lo escluse dai dieci per gli Europei del 53 a Mosca nonostante avesse segnato il suo massimo in carriera azzurra (15 punti) nell'ultima amichevole a Lugano prima della rassegna continentale. 
Ricky 'il Cinese' riscuoteva grande successo tra il pubblico femminile, a partire (secondo i rotocalchi dell'epoca) dall'attrice Lea Massari con la quale girò anche da protagonista il toccante film "I sogni nel cassetto" del regista Renato Castellani.  Gli fu data un'ultima vetrina azzurra da coach Paratore nel marzo 1958 nella vittoria 68-59 dell'Italia a Parigi contro i padroni di casa, quando già il suo erede Pieri era una stellina.
Dopo la carriera sul campo, Pagani rimase legato al mondo Olimpia per apposito volere del presidente Bogoncelli; oltre a svariati incarichi lavorativi in aziende alimentari, Ricky fu il 'consulente linguistico' del club ed ebbe un ruolo importante negli ingaggi di stranieri del calibro di Bill Bradley e Art Kenney che ne apprezzarono lo stile e la diplomazia.
Ci ha lasciato a soli 69 anni nel 1998. 

"Mi ritorna in mente"...Ricky Pagani

“Un giorno Van Zandt incontra sul tram un aitante giovanotto con una mazza sotto il braccio che parlava un fluentissimo inglese.   “Ma tu – gli chiese-  a basket non giochi?”  Certo che gioco fu la risposta. Van Zandt lo invitò ad un allenamento del Borletti . E Cesare Rubini si trovò... [Leggi tutto]